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Africa: cosa nasconde la sabbia?

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Cosa nasconde la sabbia?

testo di Nella De Angeli

Proviamo a fare uno sforzo mnemonico elencando i paesi africani il cui territorio è interessato dalla presenza di vaste aree desertiche: tutti i paesi dell'Africa Mediterranea, cioè Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, e poi il Sudan, il Ciad, l'Angola, il Niger, la Mauritania, il Mali, il Kenya, l'Etiopia, l'Eritrea, la Somalia, il Botswana, lo Zimbabwe, la Namibia, il Sudafrica e chissà quanti altri ancora.
E affidiamo alla memoria il nome dei deserti africani: ovviamente il Sahara, la Dancalia (area conosciuta come depressione dancala trovandosi a 155 metri sotto il livello del mare), il Kalahari, il Namib, il Karoo ciascuno con una propria origine geologica, con una propria storia umana ciascuno col proprio clima, con le proprie caratteristiche, con i propri venti, l'harmattan, il ghibli, il simùn, il khamsin.
Il secondo passaggio è la ricerca di dati che permettono di capire quanta parte dei 30 milioni di chilometri quadrati africani è occupata dai deserti.
Se si guarda l'estensione del Sahara, con i suoi 8 milioni di chilometri quadrati, i 55 mila del Namib sembrano diventare davvero cosa da poco. Una somma algebrica, comunque, ci dice che almeno 9 milioni e mezzo di chilometri quadrati sono, in Africa, dominio di aree desertiche, ovvero oltre un terzo del territorio patisce la siccità, sopporta le elevatissime temperature diurne e un'oscillazione termica tra giorno e notte che può raggiungere 25, 30 gradi centigradi.
Geologi, biologi, naturalisti, archeologi, paleoantropologi, geofisici da una parte, compagnie minerarie dall'altra, e ancora turisti o sportivi off limits dividono con i nomadi del deserto, con le popolazioni sedentarizzate, con i profughi, le piste sabbiose o rocciose per spingersi in zone remote ciascuna con un interesse peculiare.
Ed eccoci al terzo passaggio: l'interesse per il deserto.
Cominciamo, ma solo per una questione di semplicità e brevità di trattazione, dai turisti del terzo millennio. L'interesse per i deserti africani è, alquanto variegato. Per gli "apprendisti" del deserto, un viaggio nell'Erg è sinonimo di avventura. Attraversare distese sconfinate dove si mette alla prova il proprio self control prima di giungere alla tanto agognata oasi, oppure scalare alte dune a dorso di dromedario per ammirare l'alba o il tramonto che tingono di chiaro-scuri l'oceano di dune, dormire in tenda dove capita o finire ospiti sotto la tenda dei beduini, se il mercante non ha una kasba fiabesca, a sorseggiare una tazza di tè è o no avventura?. Altri, più informati, si organizzano per ripercorrere le carovaniere del sale, sanno di dover spostarsi lungo greti di fiumi in secca da secoli che metteranno a rischio la struttura stessa del mezzo, per spingersi laddove il cuore del pianeta si mostra agli occhi increduli, pulsante e spaventoso; sanno di dover sopportare le avversità del clima, le tormente di sabbia, di dover resistere ai miraggi che fino allora avevano considerato una finzione cinematografica. I più esigenti culturalmente partono disegnando sulla mappa lunghi itinerari per vedere, in un solo viaggio, oasi, ghorfa, ksar di montagna, villaggi trogloditici, foggare, siti archeologici, accampamenti berberi, feste tradizionali, matrimoni e molte altre cose. Vedere e basta, ovviamente.
Ci sono, poi, gli appassionati "naturalisti" che sperano di poter avere la fortuna di fotografare le specie animali endemiche di alcuni deserti africani che i documentari di National Geographic illustrano tanto bene. Qualche altro ancora s'immagina cercatore di diamanti in quel deserto che ne regalò quasi cinque milioni di carati in poco più di un lustro. Alcuni hanno la vocazione dell'aiuto umanitario e partono carichi di merce da regalare ai bambini ma che, spesso, diviene oggetto di baratto con reperti archeologici proposti da incalliti venditori ambulanti.
Insomma l'interesse per questo luogo "alternativo" che facilmente mette in luce i limiti dell'homo metropolitanus - considerazione personale e non provata scientificamente- è appurato e le possibilità di soddisfarlo non mancano: i viaggi off limits, ormai non sono più soltanto per gente off limits. E' finita. Anche nel deserto è finita.
Ma vediamo davvero cosa nasconde la sabbia del deserto, a parte il fascino di cui abbiamo brevemente detto.
Per le multinazionali, le compagnie minerarie straniere o statali, le corporation petrolifere, le banche che portano la firma anglo-americana, anglo-australiana, europea, cinese ecc…, e qui il discorso si fa più complesso, il vero interesse per i deserti africani si chiama petrolio, metano, uranio, platino, diamanti, manganese, cobalto, cromo, ferro, rame e sodio. Altro che fascino paesaggistico! Qui c'è di che sfamare l'intera umanità. Pardon: una parte, e piccola, di umanità. Solo il più forte mangia, il debole perisce. E' la legge della savana, poco importa se il debole sia un'antilope o milioni di esseri umani.
Certo se qualche domanda non viene spontanea, almeno qualche dubbio verrà se si pensa che gli USA in Africa hanno promosso la caccia al terrorismo controllando territori che vanno dal Corno d'Africa e, attraverso tutto il Sahel, fino alle coste atlantiche africane. Chissà se è un caso che Gheddafi, leader libico e ultimo soldato "crociato" (con stella e luna naturalmente) contro le armi di sterminio di massa, abbia accolto negli ultimi tempi sotto la sua tenda, a turno, i leader europei. M'inganna la memoria se dico che dopo Blair è stata la volta di Berlusconi e a seguire quella di Shroeder? Solo un problema di immigrazione clandestina? Di controllo delle coste? Vedremo anche questo, ma nella seconda parte.
Il Sahara, terra di tuareg, di berberi, di sudanesi e di un piccolo gruppo di tebu stanziati nelle zone centrali, è il deserto più vasto del mondo. Roccioso o sabbioso, questo immenso territorio, milioni di anni fa coperto da foreste, fu abitato fin dal Paleolitico superiore. Qui l'uomo ha perfezionato la sua tecnica nella lavorazione della pietra, ha imparato a coltivare, a fondere i metalli, a organizzarsi in villaggi, a creare un'arte che non aveva modelli di sorta. Meravigliosa, superba la storia che i ricercatori scrivono nelle pagine dei libri scientifici e storici. Ma un'altra pagina riporta dati alquanto diversi. Non è una ri-trattazione storica, nessuna nuova scoperta che mostri ulteriori passaggi nell'età evolutiva dell'homo. E' un'analisi approfondita sul Sahel. L'articolo, pubblicato sulla rivista Limes nello scorso gennaio 2008, porta la firma di Alessandro Massacesi. Mi permetto di riportare l'esordio, per chi non avesse in libreria copia del mensile di geopolitica diretto da Lucio Caracciolo e chi non avesse voglia di cercarlo.
" Nel 2002 il Dipartimento di Stato americano, in seguito alla proclamazione della lotta al terrorismo su scala globale promossa dalla nuova amministrazione Bush, ha istituito la Pan Sahel Iniziative <PSI- Iniziativa Pan-saheliana>, un accordo militare con Niger, Mali, Mauritania e Ciad nell'Africa Occidentale, per limitare l'espansione dei gruppi terroristi islamici nel deserto sahariano e rafforzare i governi dell'area nel controllo dei propri confini. Sullo stesso territorio la Francia ha sempre giocato un ruolo economico, politico e militare dominante. […] Apparentemente, l'ingresso dell'organizzazione militare statunitense all'interno di un'area geopolitica prevalentemente orbitante attorno a Parigi è un'operazione dagli obiettivi funzionali alla lotta al terrorismo: in realtà già negli anni Ottanta la presenza statunitense in Ciad rappresentava l'idea della politica di contenimento dell'iniziativa sovietica e libica nella regione. […] Gli obiettivi della PSI sono la lotta al terrorismo, il controllo diretto del territorio e quello delle risorse presenti nell'area; sono gli stessi obiettivi e gli stessi strumenti utilizzati nel resto del mondo dalle forze anglo-americane per sedare rivolte e reprimere il terrorismo. […]".
Quanto alle scoperte di risorse minerarie è forse utile dare un solo esempio, sempre preso dall'articolo citato.
"La capacità satellitare americana è superiore a quella di molte altre potenze; la ricerca delle risorse minerarie avviene proprio dall'alto dei cieli <scusate l'intromissione: ma un'altra domanda viene spontanea: quanto fa comodo che Al Qaeda viva e che non sia trovato?>.[…] Ma le scoperte più interessanti per gli operatori sono state quelle realizzate pochi anni fa nel Tenerè, uno dei luoghi più incontaminati del mondo, il deserto di dune che i Tuareg e i nomadi Teda rispettano e venerano come una delle più alte espressioni dell'immenso silenzio di Dio. Le esplorazioni sono state avviate da compagnie cinesi come la CNPC International Tenerè del gruppo China National Petroleum Corporation che ha raggiunto il successo sperato nell'estate del 2006 […] La spartizione delle risorse petrolifere appartiene al governo di Nyamey che ha lottizzato le varie esplorazioni sul proprio territorio concedendo alle società straniere […] la possibilità esclusiva di estrarre e distribuire da un sito minerario le risorse energetiche".
Lo studioso continua elencando le varie società nigeriane e straniere che hanno ricevuto dal Niger tali concessioni e conclude mettendo in luce il fatto che alcun beneficio va alle popolazioni civili. Cosa non da poco. Davvero non da poco.
Massacesi non ha potuto scrivere, ma solo per una mera questione temporale un'altra nota degna di interesse. Ottobre 2008: il Pentagono degli USA ha dato il via all' "Africa Commando". Quale è lo scopo ufficiale? Fondare e istituire un quartier generale che vigilerà sui possibili pericoli che potranno venire dal continente nero. Come sempre, gli USA vogliono prevenire i conflitti piuttosto che combatterli! Sono seriamente preoccupati per le carestie, le pandemie, le guerre per il cibo e l'acqua che possono destabilizzare questo gigantesco continente? La Cina, sempre più presente in Africa, e le materie prime da estrarre e esportare avranno qualche peso per questo Commando?
Comunque, oggi stiamo compilando liste di animali, ambienti, modi di vivere ormai estinti. Addio anche alle carovane che dal sud del Sahara trasportavano avorio e sale, ma anche schiavi (non va dimenticato). Ora ci sono gli aeroporti che pullulano di top manager con la valigia pesante di una concessione governativa da poco firmata e vie carovaniere per deportati.
Molte altre questioni andrebbero trattate, storiche e naturalistiche che ci impegnerebbero oltre misura a spiegare l'interesse verso i deserti africani, a cui accennavo all'inizio dell'articolo.
C'è, tuttavia, una questione che è rimasta soltanto accennata e alla quale tengo particolarmente, ma che lascerò accennata perché urge una riflessione. I deserti africani, o meglio il grande Sahara è diventato dalla fine degli anni novanta il cimitero degli immigrati dall'Africa subsahariana. Certo chi parte dal proprio paese per raggiungere le coste mediterranee o atlantiche, sedotti dalla possibilità di cominciare a vivere in Europa, prende un grosso rischio sapendo di dover attraversare sulle piste carovaniere, e spesso con pochi mezzi e in condizioni disumane pagando profumatamente passeur senza scrupoli, gli oltre 1500 chilometri che separano il Mediterraneo dall'Africa subsahariana. Se, però, i clandestini (richiedenti asilo politico compresi), giunti nei paesi europei, non dimentichiamo l'Italia, vengono rispediti al "mittente" (ovvero all'ultimo paese da cui sono transitati) e da qui deportati verso i rispettivi stati (Niger, Ciad, Sudan per fare qualche esempio), ossia nel deserto, il rischio "morale" chi lo prende? N.d.a.



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